Dalla stampa di oggi: E' morto Antonio Gava "FIGLIO D'ARTE - Napoli e in Campania Gava ha costruito il potere della sua corrente, affiancando il padre Silvio, un veneto arrivato a Castellammare di Stabia negli anni '20, avvocato e poi senatore e ministro democristiano, morto quasi centenario nel 1999. Il vecchio Gava gli consegnò idealmente il testimone nel 1972, quando Antonio arrivò alla Camera. Da allora fu ministro per tredici volte, arrivando alla responsabilità del Viminale nel 1990; ma soprattutto fu l' eminenza grigia in grado di riorganizzare il «grande centro» doroteo e di influenzare la linea politica della balena bianca lungo tutti gli anni '80, che a posteriori sono gli anni del declino scudocrociato. Per essere eletto segretario Ciriaco de Mita, leader della sinistra democristiana che strizzava l'occhio al Pci, ebbe bisogno del suo appoggio. Ma quando ai dorotei sembrò arrivato il momento di cambiare, De Mita nulla potè di fronte alla decisione di Gava di sostenere Arnaldo Forlani. Sempre Gava fu tra i registi di quel patto tra Craxi, Andreotti e Forlani che fece nascere il «Caf» negli ultimi anni della prima Repubblica.
I GUAI GIUDIZIARI - Un occhio a Roma, impegnato nelle grandi manovre che facevano nascere e morire i governi democristiani al ritmo di uno all'anno, un occhio a Napoli, dove doveva fronteggiare la concorrenza degli andreottiani guidati da Paolo Cirino Pomicino (come scrisse Giorgio Bocca, nel capoluogo campano si affrontavano «la dc del non fare e la dc del fare pur di fare»), Gava sembrava avviato a una tranquilla pensione quando su di lui si abbattè l'infamante accusa di collusione con la camorra. Era il 1993 quando all' uscio della villa di Gava all'Eur si presentò un maresciallo con in mano un avviso di garanzia per associazione mafiosa: un camorrista pentito lo accusava di aver protetto il boss Lorenzo Nuvoletta. Tre giorni di carcere a Forte Braschi, poi gli arresti domiciliari dal settembre del 1994 al marzo del 1995 e la sospensione cautelare dall'ordine degli avvocati. Seguirono tredici anni di udienze e sentenze, fino alla definitiva assoluzione con una sentenza irrevocabile per «mancata impugnazione».. Arrivata la sospirata assoluzione, Gava, difeso dal figlio Gabriele, ha chiesto un risarcimento milionario allo Stato: 38 milioni di euro, così divisi: 3 milioni per non aver potuto svolgere l'attività professionale, 10 milioni per danno fisico, altri 10 milioni per danno morale e 15 milioni per danno di immagine. La sua verità è consegnata in un libro , «Il certo e il negato», con la prefazione dell'amico Arnaldo Forlani"
La mia partecipazione al dolore dei familiari che perdono sul piano degli affetti.
Ma penso che l'esperienza dorotea in politica sia stata la sciagura più grave vissuta dall'Italia repubblicana. Non so se i miei giudizi sono condizionati dall'esperienza avuta in tutti questi anni da quando nel 1972 fece l'ingresso sulla scena polita l'on. Gava e che fu considerato l'esponente più influente della corrente dorotea fondata nel 1959 el convento di Santa Dorotea. Fatto sta che io continuo a definire dorotei quei personaggi della politica che fondano la loro azione sul compromesso continuo alla ricerca di un costante equilibrio. La cosa più squallida secondo me che ha portato l'Italia ai livelli politici attuali. Dicono le cronache che Gava fu sottoposto a processo penale per tredici anni e definitivamente assolto dall'accusa di essere complice di camorristi per «mancata impugnazione». Il figlio ha scritto un libro ed ha dichiarato di non avergli potuto comunicare che gli era stato riconosciuto un risarcimento. I 15 milioni di euro richiesti??? Io mi domando però: che vuol dire essere stato assolto per «mancata impugnazione»? Un errore del giudice? Per me non esiste errore nel definire quel periodo della politica italiana il più "mafioso" che ci fosse mai stato grazie al metro doroteo di definire gli accordi e di veicolare le opinioni degli italiani, dopo l'omicidio Moro, tra compromesso storico e teoria degli opposti estremismi solo al fine di garantirsi una stabilità di potere "mafioso" appunto. Spero che si dia corso ad una seria meditazione sugli errori di allora e che vengano messi al bando (moralmente naturalmente e solo su questo piano) i tanti dorotei della politica nostrana.
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bellissimo intervento dinomagno, complimenti di cuore!
Citazione:
Fatto sta che io continuo a definire dorotei quei personaggi della politica che fondano la loro azione sul compromesso continuo alla ricerca di un costante equilibrio. La cosa più squallida secondo me che ha portato l'Italia ai livelli politici attuali.
come darti torto, da sempre (a mia memoria) la politica italiana si fonda su presupposti contorti, sui continui compromessi appunto. A "roma" si tratta sui grandi numeri e nelle periferie sulle ciotole di lenticchie! E' poi lo scandalo: vedere emergere delfini in virtù del peso economico rappresentato, della rete di conoscenze, del potere "contrattuale". Mai che emerga qualcuno in virtù della preparazione, dell'intelligenza, dell'effettivo carisma. E così, via via, la cosa è andata sempre più ad imbastardirsi fino a dover assistere al trionfo di nani e ballerine che vanno a sedere in parlamento. Negli anni '60 assistevo, ancora bambino, alle "tribune politiche", non capivo in realtà cosa dicessero i vari onorevoli e senatori che intervenivano allora ma mi affascinava la logica delle argomentazioni e la pacatezza dei toni. Il "dialogo" fu ben presto sostituito dalla "rissa" (eravamo già negli anni '70), dalla voglia di apparire più che dalla voglia di discutere. Assistemmo ai primi exploit del partito radicale con i loro colpi di scena, i 15 minuti di tribune elettorali con pannella, bonino, faccio e spadaccia imbavagliati. Il modo di far politica stava cambiando, si iniziava ad urlare per prevaricare, per coprire la voce dell'altro, per impedire a qualcuno di esporre in tutta calma la propria posizione. E poi sempre più in declino. Collusi, condannati, terroristi veri e presunti a rappresentare il Popolo. Lo hanno rappresentato bene e continuano a farlo. Rappresentano le miserie dell'uomo medio che pur di giungere al suo scopo non si fà scrupolo di passare sul cadavere di qualcuno. Il favoritismo prima sussurrato e ora arrogantemente sbandierato e, addirittura, affrancato. Il clientelismo sfrenato in nome di benefici economici o, peggio, per il solo gusto di affermare il proprio potere su cose e persone. Intanto la gente si è disaffezionata alla politica, ha visto calpestati i propri diritti e cerca di sopravvivere salvaguardando il proprio orto. I politici sono diventati intoccabili, godono di benefici esclusivi quasi fossero i padroni della nazione. Quanta differenza con i padri della patria.....ricordo di aver letto che einaudi (secondo presidente della repubblica) dovette chiedere in prestito un cappotto per un viaggio di rappresentanza negli stati uniti. I parlamentari si recavano alla camera e al senato con i mezzi pubblici, niente scorte, niente auto blu. Altri tempi si dirà....certo, è vero, altri tempi. Ma mi viene da pensare che fossero anche altre menti. Allora ancora la politica rappresentava un modo per "servire" la nazione, ora i termini si sono capovolti ed è la nazione a dover servire i politici. Scusate, oggi, tra la cerimonia ipocrita di apertura delle olimpiadi e il post di dinomagno, mi sono intristito un po' ........
__________________________________________ Posso resistere a tutto ma non alle tentazioniModificato da - brenno on 09/08/2008 08:17:34
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Dorotei...l'esempio più eclatante del compromesso politico raggiunto anche a scapito di ideali e valori pur di conservare il potere. giorgio Almirante così rispondeva in un'intervista concessa a Indro Montanelli nel 1980: “Il voto conferito a un partito è utile quando viene utilizzato per il fine per il quale è stato conferito, è inutile quando non viene utilizzato per il fine per il quale è stato conferito, è dannoso quando viene utilizzato per il fine opposto a quello per il quale è stato conferito… Votare per il mio partito è utile perché il mio partito chiede voti per l’opposizione a tutti i livelli e li utilizza per l’opposizione a tutti i livelli. Lei da buon democratico, mi insegna che in democrazia l’opposizione è tanto importante quanto il governo, a condizione che si tratti di una vera opposizione e non di una sceneggiata, come quella che in questo momento recitano le false opposizioni che dicono di combattere il governo e i partiti di governo, ma la tempo stesso lottizzano con il governo e i partiti di governo le posizioni di potere. Quanto al frigorifero… noi manteniamo intatti i voti che riceviamo, perché li utilizziamo con fedeltà e coerenza, e non ce ne serviamo per baratti di alcun genere”. “…Io penso e affermo che fuori dalla vera legittimità costituzionale si pongono quei partiti che rifiutano di attivare gli articoli sociali della Costituzione (39, 40 e 46), che interpretano in maniera distorta l’articolo 49 e dal pluralismo fanno nascere il mostro che si chiama partitocrazia. Penso e affermo che fuori della Costituzione siano quei partiti che lottizzano in termini di potere e quindi di arbitrio la libertà di informazione attraverso il mezzo radio-televisivo… Le chiedo anche se abbia avuto modo di conoscere i lineamenti del sistema da noi posto in alternativa: Presidente della Repubblica eletto direttamente dal Popolo, Presidente del Consiglio e ministri nominati dal Presidente della Repubblica senza forcipe di partiti e senza ‘manuali Cencelli’. Parlamento eletto direttamente e pluralisticamente, ma con la partecipazione di rappresentanze elette delle categorie del mondo del lavoro, della produzione, della tecnica, della cultura e dell’arte. Tutto questo è ’solo idealismo’? Se fosse ne sarei orgoglioso. Ma io sono fiero di ben altro: isolato nei confronti di un Paese legale sempre più lontano dal Paese reale ho l’orgoglio di essere sempre più vicino alle esigenze, alle speranze e quindi alla comprensione del Paese reale, cioè del popolo italiano”. “Che strana domanda dottor Montanelli! Ma come può saltarle in mente, visto che Lei è un uomo che crede nella libertà, che il segretario di un partito possa ‘dissolvere’ il suo partito: e possa addirittura, dopo averlo dissolto, farne confluire i voti in altre direzioni! Centinaia di migliaia di iscritti, e almeno due milioni di elettori (ma in questo momento siamo di più) dovrebbero obbedire al dittatore Almirante; per accettare da un momento all’altro di ‘dissolversi’ e poi di ‘confluire’; dissolversi, cioè scomparire come fatto politico, come fatto di coscienza, come fatto morale, come fatto di impegno fisico e spirituale; confluire, cioè abbracciare un’altra fede, un’altra dottrina, un altro e molto diverso credo politico rinnegando d’un colpo se stessi”. Giorgio Almirante, stralcio di un’intervista concessa a Indro Montanelli, Il Giornale Nuovo, 28 maggio 1980 Osservazioni profetiche che riacquistano tutta la loro attualità oggi che tra l'altro vogliono escludere (PDL e PD) la rappresentanza politica nel Parlamento Europeo di milioni di Italiani sia che si ritrovino nelle idee della destra che in quelle della sinistra.
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