Non ho condiviso le critiche comparse su Lecceprima a commento di una notizia che riguardava l'intervento dell'assessore Cacciatori circa la tinteggiatura (sembra di colore rosso pompeiano) rifatta su di una facciata del Centro storico di Gallipoli. Questa la notizia: "Quel colore così vivace altera l'armonia della città vecchia. Meglio cambiarlo. E così infatti è stato. Ora, transitando sulla riviera Armando Diaz del borgo antico gallipolino la situazione è tornata, già da qualche giorno, alla normalità. Dal punto di vista dell'equilibrio cromatico, s'intende. Il riferimento è al rispistino più tenue della colorazione di una facciata di un'abitazione che insiste sulla riviera del centro storico ionico, che nei giorni scorsi aveva fatto un tantino discutere. E che non è certo passata inosservata ai più. È durata così poco meno di quindici giorni la discrasia cromatica che aveva colpito quella piccola porzione alla fine della riviera Diaz che si affaccia sul seno del Canneto e che era stata scaturita dalla presenza, visivamente ingombrante, di un edificio al pian terreno tinteggiato con tonalità particolarmente accese, inquadrabili tra il rosso e l'amaranto. Una stonatura vera e propria rispetto al contesto più candido, a livello di colorazione degli edifici, che caratterizza il periplo della città vecchia e che quindi doveva trovare una rimozione a salvaguardia dell'intero contesto urbano. A far convenire a più miti consigli il proprietario dell'immobile, come riferiscono da Palazzo di Città, è stato l'assessore al Centro Storico, Giorgio Cacciatori, che è intervenuto prontamente per consentire il ripristino, a livello visivo, dello stato dei luoghi". Un intervento doveroso che condivido in pieno ma che accompagno con il disiderio di vedere finalmente interventi organici di vigilanza sulle tante violenze che si compiono a danno del nostro patrimonio artistico, di cui il Centro storico rappresenta nella sua interezza la dimensione più eclatante. E' per questo che, al di là delle diatribe partigiane, ho voluto, anche in qualità di Presidente della Sezione gallipolina della Società di Storia Patria per la Puglia, far sentire la mia opinione con l'invito a fare fronte comune contro i nuovi barbari postmodernisti per un'azione incisiva per la conservazione, restaurando e consolidando, dei caratteri storici architettonici ed urbanistici del Centro storico di Gallipoli. E' un fatto culturale, prima ancora che economico (una risorsa quella storico-culturale che si integra ai fini della commercializzazione turistica dei nostri luoghi, con il mare ed il sole) quello di rispettare l'impronta storica ed artistica consegnataci attraverso una storicizzata e stratificata facies artistico ambientale di un tessuto urbano nei cui limiti si è sviluppata la storia civile e culturale dei Gallipolini dall'VIII al XX secolo. Da qui il mio commento che desidererei tanto fosse condiviso, più che in termini formali, in termini sostanziali pretendendo maggiori controlli e rigido rispetto del regolamento edilizio. Magari anche sollecitando l'attenzione dell'Amministrazione comunale verso un Piano colore che partendo dall'analisi stratigrafica delle superfici ci diano i vincoli coloristici di ogni comparto abitativo del centro storico, ad iniziare da Via Antonietta De Pace, tali da essere osservati in caso di restauro o di manutenzione delle facciate. Questo il mio commento pubblicato su Lecceprima: "Quello del colore è uno dei tanti problemi del Centro storico di Gallipoli ormai sotto assedio da parte dei nuovi barbari che in assenza di vigilanza sul rispetto delle leggi e dei regolamenti si permettono di alterare definitivamente il volto storico-urbanistico-architettonico. Infissi in alluminio anodizzato, imbotti di marmo, distruzione degli antichi portali e loro sostituzione con nuovi elementi strutturali e decorativi. Questa azione di distruzione e depauperamento del patrimonio storico-architettonico non viene contrastata neppure dalla Soprintendenza che in alcuni casi ha consentito anche mutazioni genetiche di comparti abitativi con insensati ampliamenti di finestrature e balconate. Mentre la clava delle sanzioni penali ha colpito drammaticamente il ceto meno abbiente e meno protetto che ha pagato duramente per aver aperto sul prospetto mini finestrelle 30x40 al fine di arieggiare i servizi della poverissima abitazione a piano terra. Penso che sia giunta l'ora di una presa di coscienza collettiva cercando di salvare il salvabile di un contesto urbanistico ed architettonico unico nel suo genere che è il centro storico di Gallipoli. Il piano colore da me promosso nel 2001 è uno degli strumenti di conservazione e restauro, ma è soprattutto il rispetto del regolamento urbanistico lo strumento di controllo delle attività edilizie e di prevenzione delle deturpazioni". Penso che su tali problematiche sia la politica che la tifoseria di curva dovrebbero ritrovarsi tentando una soluzione credibile nei fatti".
PS:A seguito delle indagini a campione da me fatte eseguire nel 2001 sulle facciate dei palazzi Rocci, Governatore, D'Ospina e Rossi con l'ausilio GRATUITO della Rankover, presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino fu presentata, nel 2006, dal giovane Guido Troso, (Relatore il prof. Brino) una interessante tesi dal titolo: I colori di Gallipoli. Questo per dire che l'agire amministrativo può trovare sponda anche a livelli specialistici e come conseguenza l'operare culturale di spessore ottiene di riflesso echi di valenza e di interesse anche nazionale.
1-piano colore un cappero! (come per il piano regolatore della portualità, per il piano del commercio, per il piano traffico e qualsiasi altro strumento di pianificazione cittadina) A Gallipoli l'unica pianificazione ammessa è "l'assenza di qualsiasi pianificazione". In questo modo si raggiunge il duplice scopo che: a- ognuno fa quello che vuole (che in un clima di rissa e di perenne campagna elettorale non guasta mai) b- si persegue a casaccio, spesso il povero cristo o peggio, l'avversario politico per poi uscire sui giornali con i titoloni. Ovviamente si tollera ed asseconda l'amico, e l'amico dell'amico.
2-Quella storia della tesi sui colori della città, se poteva essere presa in qualche considerazione, ora che l'hai nominata tu, caro Elio, verrà disconosciuta da questa amministrazione come mai esistita o esistente. Forse faresti meglio a stare zitto, eviteresti sicuramente di danneggiare gli altri (meglio se ti metti a cantare disciplinatamente nel coro, come è stato pubblicamente consigliato di fare al Consigliere Avv. Scigliuzzo)
3- Lo sai che presto (ovviamente prima delle elezioni di giugno) in pompa magna, con tanto di battimani dei soliti selezionati esponenti locali del PDL (Partito dei Lecchini) al seguito dei vari Fitti, Vicè, Coste e l'allegra banda dei mendulari, pecurari, piscaturi vinduti, tifosi del Gallipoli calcio a "sgrascio" verrà tagliato solennemente il secondo nastro "storico e culturale", del secondo mandato Venneri? Ti dicono nulla, caro Elio, le tombe erratiche sotto Palazzo Balsamo?
Tessi fattu neiu li fatti toi! :)
Ti voglio bene Elio. Lo sai no? Peccato che si sia entrambi sposati ed io sia una giovane madre e moglie fedele.
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Forse faresti meglio a stare zitto, eviteresti sicuramente di danneggiare gli altri (meglio se ti metti a cantare disciplinatamente nel coro, come è stato pubblicamente consigliato di fare al Consigliere Avv. Scigliuzzo)
Originariamente inviato da asciuga-palloni - 09/02/2009 : 14:20:30
Caro amico condivido nella sostanza il senso che hai voluto dare con il tuo colorito e figurato linguaggio. Circa il canto non conosco le qualità canore dell'amico Scigliuzzo ma io purtroppo per il direttore del coro sono stonato come una cornacchia. Quando ero nei Salesiani fui selezionato come contralto. Un eufemismo di don Salvatore per dire: "sei fuori dal coro". E ci sono rimasto per 50 anni. E penso che voci come la mia non la potranno mai sentire nel coro non fosse altro perchè ne rovinerei l'armonia musicale soprattutto di quelle esecuzioni che pretendono toni tenorili e baritonali per incantare la folla. Fuori dal coro poi sai non si rischia di coinvolgere nessuno e chi ascolta sa riconoscere il solista contralto. Io perciò continuerò a cantare non fosse altro per dare fastidio alle orecchie delicate di qualche direttore d'orchestra che da troppo tempo non sa che eseguire brani passaticci, stantii e dal solito refrain trionfalistico. Penso che la città abbia bisogno di altro per cui ne vale proprio la pena di cantare fuori dal coro.
Per restare al centro storico ho appena protocollato una lettera aperta al Sindaco Venneri sperando che questa volta ne tenga debito conto non fosse altro per ristabilirne una corretta lettura ad iniziare dal luogo in cui nacque Antonietta De Pace.
SOCIETA’ DI STORIA PATRIA PER LA PUGLIA Sezione di Gallipoli -----------------------------------------------------------------------------------
Al Sig. Sindaco Del Comune di GALLIPOLI
Egr. Sigor Sindaco, La conservazione ed il recupero della memoria storica di una città è fatto culturale di primaria importanza nel contesto delle dinamiche di crescita di una comunità, soprattutto se, come quella gallipolina, si apre alla commercializzazione turistica delle proprie risorse storico-culturali integrate con quelle ambientali e del nostro mare e del nostro sole. E’ per questo, ma anche perché sollecitato da altri organismi cittadini, che mi corre l’obbligo di soffermare la Sua attenzione e della Sua Amministrazione sulla problematica relativa alla conservazione e diffusione di una corretta memoria storica della città, soprattutto quando, attraverso le opere e le biografie dei nostri personaggi illustri, abbiamo la possibilità di illustrare un passato che, nella scansione temporale degli avvenimenti, del pensiero, delle azioni dei singoli e del popolo, ci danno l’opportunità di acquisire conoscenze sulla nostra identità storica e culturale, imponendoci consequenziali considerazioni sulle prospettive e sul futuro della nostra comunità. Si afferma universalmente che condividere una memoria, significa prendere atto innanzitutto della verità documentalmente verificata ed acquisita nell’ambito di una corretta ricerca storiografica. Accade, purtroppo spesso, che una bibliografia municipalistica, condotta a livello erudito ma poco considerata dalla critica specialistica di settore, pone all’attenzione e introduce nel meccanismo di consolidamento della memoria storica locale, elementi estranei, se non addirittura falsi e fuorvianti, alla verità storica a cui tutti noi dovremmo fare riferimento costante. E’ a tutti nota una lapide infissa sul fronte del Palazzo, oggi di proprietà del Can. Verona, alla Via A. De Pace. La lapide in questione contrabbanda l’idea che l’eroina Gallipolina, a cui sono state dedicate molte pagine anche di letteratura e di cui la Fidapa ha generosamente propiziato il restauro del suo ritratto donato al Museo di Gallipoli dal benemerito suo consorte Beniamino Marciano, fosse nata appunto in quel Palazzo il 2.2.1818. E ciò non è vero, non solo per quanto io stesso pubblicai nell’ormai lontano 1989, anno in cui scrissi, sulla scorta dei documenti d’archivio, del palazzo D’Ospina, ma anche e soprattutto perché in questo senso è l’acquisita ricerca storiografica.Basti confrontare anche l’ultima fatica del consocio di questa Società di Storia Patria, il prof. Federico Natali. Antonietta De Pace nacque infatti proprio nel Palazzo che fu dei D’Ospina ed acquisito agli inizi dell’800 dalla Famiglia De Pace, nella strada Sant’Angelo, come chiaramente attesta il registro comunale di Stato civile conservato presso l’archivio storico comunale. L’errore in cui forse è caduto il promotore dell’affissione della suddetta lapide, sul palazzo oggi di Verona, deriverebbe da una annotazione stilata da Beniamino Marciano nel corso della stesura della biografia di Antonietta De Pace che indicava nel palazzo “di Pasca” il luogo di nascita della nostra illustre gallipolina. Verità sacrosanta in quanto il palazzo D’Ospina, nel 1901, data della memoria di Marciano, era di proprietà Pasca. Ma ben diversa da quella del palazzo avito dei Pasca, oggi di Verona, in cui sono nati i discendenti di questa nobile famiglia ormai estinta, vissuti fino alla fine degli anni 40 del Novecento. Da ciò ne discende la necessità di ripristinare la corretta memoria cittadina spostando, quella lapide improvvidamente affissa sul palazzo dei Pasca, su quello in cui effettivamente nacque Antonietta De Pace, che fu dei D’Ospina e che oggi appartiene alla Famiglia Stasi-Marzano. Non ho motivi per pensare che Lei Signor Sindaca non possa non condividere queste mie riflessioni col disporre la invocata traslazione della lapide di cui in argomento. Distinti saluti.
IL PRESIDENTE Elio PINDINELLI
Modificato da - ElioPindinelli on 10/02/2009 09:54:27
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Sono d'accordo che tu, caro Elio Pindinelli, specie nel tuo ruolo di presidente della Società di storia patria per la puglia, faccia sentire con responsabiltà la tua voce ferma e dura nel campo specifico. Plaudo all'assessore per il suo intervento pare poi non tanto tempestivo, ma non vedo perchè non si debba estendere tale politica diciamo di "repressione" a 360° verso chiunque, anche contro i potenti... Condivido pienamente il tuo pensiero, caro Pindinelli, circa il piano del colore importantissimo in una città di mare e sole, in una città storica come Gallipoli. Dunque su tale tema occorre incalzare l'amministrazione. Ma chiedo a Pindinelli: ho visto altre tue lettere indirizzate al sindaco Venneri, ma ti ha mai risposto? E ancora una curiosità, circa la targa alla De Pace: cosa ti rispose sulla questione lo stesso sindaco allorché tu eri assessore alla cultura e al centro storico?
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