TRASLAZIONI UMORALI
Raggio Verde Via Fed. D'Aragona, 4 Lecce
“Traslazioni Umorali” dal 16 al 24 giugno 2005
personale di
ANDREA SCOLAVINO
“Traslazioni Umorali”intende interpretare l’arte come rappresentazione del movimento interiore dell’anima
Traslando l’umore dapprima sul foglio, ricavandone poi la forma intrinseca all’interno delle linee derivanti dal puro automatismo psichico, sintetizzate poi in una forma“potenzialmente plastica trasferita infine nella materia, rivelandosi senza rivelarsi, in quanto linguaggio, quello dell’anima, incomprensibile all’intelletto razionale, ma interpretabile, sempre erroneamente, tuttavia spunto riflessivo costante.
Personalmente credo nella forza comunicativa che una linea può trasmettere molto più della sterile rappresentazione figurativa, così l’intreccio e la composizione mediante linee frutto dell’estemporanea azione dell’atto non meditato del tracciarla è la sintesi degli stati umorali dell’istante in cui essa è stata tracciata, diversi da quelli affrontati nel tracciarne un'altra subito dopo in quanto già nella prima si è arrivati ad una sintesi del pensiero spunto per una nuova dialettica.
Ogni ripensamento è possibile solo ai fini plastici senza tradire lo spirito originario espresso dalle prime linee tracciate che raccolgono in sé la vera essenza della composizione definitiva. Il risultato finale tuttavia non è mai scontato: non sempre è possibile dare forma plastica a questo movimento, perché questo riesca è necessaria una certa nitidezza di pensiero, sia pure nelle sue contraddizioni, ma mai è possibile un risultato nell’assenza di un umore ben definito nella sua indefinibilità, qualsiasi approccio al foglio in caso contrario si concluderebbe con una convulsione insensata di linee dalle quali è quasi impossibile ricavarne una forma riproducibile plasticamente.
Un'altra osservazione durante la preparazione di questa mostra è stato il fatto che molti dei risultati plastici ottenuti si sono rivelati poi premonitori degli sviluppi nella vita reale, forme dapprima indefinite a cui non riuscivo a dare spiegazioni logiche nell’evolversi delle situazioni della vita giornaliera iniziavano ad affermarsi come inavvicinabili verità: ciò che neanche la parte più cinica della razionalita riusciva ad accettare o considerare era in realtà già ben definito nello strato inconscio. Un altro elemento che eleva la struttura sintetica su quella figurativa credo sia la possibilità d’interpretazione che ognuno di noi può dare ad una forma non ben definita, facendola sua e solo sua, in base ai suoi trascorsi, a ciò che in quel momento ha per la testa ed a tutta quella serie di fattori che in un momento o in una persona spingono a vedere una cosa in un modo anziché in un altro ugualmente accettabile.
Unica strada a mio modo di vedere per staccare la scultura più classica dalla rappresentazione fine a se stessa, anche se condita di contenuti storici rimandi ed allusioni, e scampando anche il rischio di andare a finire nell’alienazione totale del contenuto, della ragione stessa dell’esistenza della scultura che rischia di divenire quasi un ritratto di sé: una sorta di manifesto della pura forma geometrica. Non è questo quello a cui tendo, non la bellezza della forma, del dinamismo della linea, ma ciò che la linea può comunicare, rimandare, muovere all’interno del pensiero: sicuramente un manifesto intimista, ma dell’anima e non della forma
Questo è anche uno dei motivi che mi lascia perplesso nella fase di rifinitura, che tendenzialmente sarei portato ad evitare, se non per dare particolari effetti di luce, in quanto si rischia appunto di far prevalere la parte più accademica del lavoro, quella più legata alle “belle arti”, su quella contenutistica, ch’è l’unica ad interessarmi.
La particolare attenzione che dedico a quest’aspetto è dovuta alla convinzione che vi sia una necessità mostruosa di comunicare, in quanto i mezzi di comunicazione di massa hanno fallito interamente in tutti quelli che potevano essere i buoni auspici, radio, televisione etere e satellite sono evidentemente condizionati o comunque sia condizionabili, solo la rete sfugge ancora a questo monopolio, per il momento, e solo perché offre la possibilità ad ogni persona di scrivere quello che ha in mente, il suo modo di vedere pensare ecc..e questa stessa arma, ce l’hanno gli artisti e se l’universo artistico si rifugia in questo strano neoplasticismo quasi borghese, quasi manierista che si sta affermando, credo che qualcosa di fondo non vada in quanto può voler dire due cose: o si è avviato un processo di alienazione da quella che è la realtà politica ed interiore rifugiandosi nel ricamo figurativo, oppure, ipotesi più raccapricciante, vi è una forma di indifferenza totale da parte degli artisti a quello che è il mondo, ed il vedere l’attività artistica si è ridotto ad una pura e semplice attività come un'altra, come impiegato che non deve timbrare cartellini. Un seno, un volto, un muscolo ben fatto, tendenzialmente a me non dicono niente, forse qualcosa me la può dire un muscolo di Rodin, ma l’ha gia detto.
Sono convinto che in questo mondo, soprattutto nel mondo giovanile, si coltivino dei mostri orrendi nelle nostre menti che generano una disaffezione inquietante alla vita, di cui anch’io mi sento partecipe. E sono proprio questi che devono essere esorcizzati, è proprio su quello che bisogna lavorare se si vuole sperare di costruire qualcosa di diverso. Se la gente smettesse di dire al come va?,,, tutto bene…quando così non è, forse ci si renderebbe conto che c’è del lavoro da fare sia nella nostra vita, cioè nei nostri umori, nel nostro stile di vita,nella nostra quotidianità e solo dopo nel mondo intorno
Qui chi vive, vive d’inerzia, chi l’inerzia l’ha abbandonata aspetta un modo dignitoso per morire. Si è creato un inquietante senso di impotenza storica pari a quello del rapporto re servo dove chi può se vuole può, chi non può non deve nemmeno provarci. Io credo che chiunque abbia questa consapevolezza debba abbandonare l’abbandono, l’alienazione, che solo e unicamente nella storia è servita alle tirannie, e seguire una strada sua, nel mio caso la scultura, e la parola, ma è un discorso traslabile su qualsiasi livello, anche nell’insegnamento, nel lavoro ecc. bisogna fare di tutto per impedire a noi stessi di divenire gli ingranaggi di una macchina che non viene oleata mai, per una sola ragione, perché se no si fonde. E queste sono le stragi familiari i suicidi e gli omicidi del tutto irrazionali, generati da lievi attriti che si vanno ad aggiungere ad altri, ben più rilevanti che generano la rottura della “macchina emotiva”
E l’unica chiave credo sia quella, traslare i nostri umori nella vita, senza reprimerli, perché dalla repressione, non è mai uscito niente di buono.
Andrea Scolavino
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